Alle origini di un’idea. La classe dirigente: che cos’è e come si afferma. Una visione di destra e una visione di sinistra.

Sommario

L’espressione “classe dirigente” è molto amata da stampa e politica: quella italiana pare non legga; le scuole e le università si adoperano per formarla; le maggioranze al governo sono pronte a difenderle in caso di problemi  gli istituti di ricerca si impegnano a tracciarne il profilo (nel 2012) e le testate online ad assegnare loro compiti e obiettivi. Ma, in sostanza, che cos’è la classe dirigente?

L’idea di classe dirigente pare essere tutta italiana e, infatti, affonda le sue radici nel pensiero di due autori del nostro paese, Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto, e in quello di un tedesco, Robert Michels, tutti vissuti tra l’ottocento e la prima parte del novecento. Questi tre autori sono considerati i fondatori di una corrente di pensiero nota come elitismo italiano.

Alla base dell’elitismo italiano c’è l’idea di una classe dirigente che Gaetano Mosca  introduce in maniera netta nel suo “Elementi di Scienza Politica”:

Fra le tendenze ed i fatti costanti, che si trovano in tutti gli organismi politici, uno ve n’è la cui evidenza può essere facilmente a tutti manifesta: in tutte le società, a cominciare da quelle più mediocremente sviluppate e che sono appena arrivate ai primordi della civiltà, fino alle più colte e più forti, esistono due classi di persone: quella dei governanti e l’altra dei governati

Per Gaetano Mosca il dominio è un fatto naturale, insito nella natura umana e negli organismi politici, perché esiste chi governa e chi è governato e ciò valeva per le civiltà antiche, egizi, greci e romani, e vale anche oggi per gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione Europea. Questa tesi è molto seducente e corrisponde, in parte, anche alla realtà dei fatti. In molte organizzazioni, esiste una minoranza che monopolizza il potere, gode dei vantaggi che derivano da questo e disciplina la vita degli altri in modo più o meno violento e più o meno legale. D’altro canto, esiste anche una maggioranza che, nonostante sia molto più numerosa della minoranza, viene governata, diretta e regolata, da questa. La maggioranza, inoltre, procura alla minoranza e all’organismo politico i mezzi per vivere.

La classe dirigente, o classe politica, è la classe dominante. Tra queste tre caratteristiche c’è, secondo Mosca, un rapporto d’identità. Sono tre sinonimi. Da ciò deriva che la classe dirigente (o politica o dominante) possa essere identificata con quel gruppo ristretto di persone che dirige la cosa pubblica, lo Stato. Questa conformazione della società e degli organismi pubblici è così evidente, secondo Mosca, che non solo avviene nei paesi vicini, ma addirittura non sapremmo quasi nella realtà immaginare un mondo governato diversamente

Nel rapporto tra governanti e governati, questi ultimi possono accettare di buon grado, o loro malgrado, il dominio dei primi. Tuttavia, in situazioni di estrema tensione e insofferenza, è possibile che i governati scalzino i governanti. È necessario precisare che, coerentemente con l’orientamento elitista, questa cacciata avviene solo ed esclusivamente quando un’altra classe di governanti è pronta a sostituire quella che è stata fatta fuori. La regola del dominio è inscalfibile: esistono ed esisteranno sempre dominanti e dominati, governanti e governati: esiste però anche una certa mobilità, un’élite potrà sempre sostituirne un’altra.

Il successo dell’idea di classe dirigente

L’idea di classe dirigente e dominante si è diffusa anche tra gli intellettuali di segno politico opposto a Gaetano Mosca, che fu Deputato e Senatore per la destra storica in Italia. Tra gli intellettuali che hanno ripreso il concetto di élite c’è anche uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia, cioè Antonio Gramsci

A differenza di Mosca, che ritiene che la classe dirigente sia uguale a quella dominante, nei Quaderni dal carcere, Gramsci fa una distinzione: la classe dirigente è quella che è alleata con altre classi e che le guida,mentre la classe dominante è una classe dirigente che è arrivata al potere e che può utilizzare la forza per imporre la sua volontà.

Una classe dirigente deve avere il consenso per essere tale, altrimenti è solo dominante, cioè detiene soltanto il potere coercitivo. In questo caso, la maggioranza dei “governati” non tollera più il potere dei governanti, che perdono la loro “egemonia”. Questo è un concetto fondamentale nella dinamica tra la classe dirigente e le “grandi masse”: per “egemonia” Gramsci intende una situazione di preminenza che consiste nell’attività di orientamento e di guida di una classe rispetto alle altre. Una classe esercita la propria egemonia quando riesce a forgiare anche le visioni del mondo delle altre classi; così la visione del mondo della classe dirigente diventa “senso comune”. In sostanza, la classe dirigente è tale perchè, grazie all’egemonia di cui gode presso le altre classi, ne orienta pensieri e azioni. Quando la classe dirigente prende il potere è dirigente e dominante allo stesso tempo.

Per Gramsci è naturale che la classe dirigente eserciti un’attrattiva sulle grandi masse, soprattutto sul loro modo di concepire il mondo. Infatti, come negli strati superiori della popolazione italiana esisteva un modo di ragionare corporativo, che difendeva degli interessi particolari ( agrari e regionali, ad esempio), così la popolazione subalterna adottava un approccio approssimativo alla politica fondato su passioni basse e ignobili che, a volte, si avvicina pericolosamente alla malavita e all’omertà.

Perchè le grandi masse adottano la visione del mondo della classe dirigente? Il popolo, quindi i governati, non ha gli strumenti intellettuali per valutare la forma razionale e la completezza dei ragionamenti, ma lo fa sulla base della fede nel gruppo sociale al quale appartiene. Secondo Gramsci, infatti, l’uomo del popolo pensa che in tanti non si può sbagliare: per questo il modo di pensare e di concepire il mondo della classe dominante diventa tale. L’uomo del popolo, dopo essere rimasto folgorato dalle ragioni esposte in maniera chiara, argomentata e coerente, ritiene che queste siano quelle giuste. Una volta abbagliato in questo modo, un uomo o una donna, difficilmente cambierà opinione, anche di fronte a tesi ben argomentate. 

Coerentemente con tutta la teoria delle élite, che ogni tanto in Gramsci vengono chiamate avanguardie, una classe dirigente può essere sostituita solo da un’altra classe dirigente, quando riesce a mutare il senso comune.

Come si diventa classe dirigente? Qualità possedute o ereditate, vere o reali.

Mosca e Gramsci condividono una visione elitista della società, una visione che divide la società in governanti e governanti o in classe dirigente e in massa; ma a questo punto è legittimo chiedersi se abbiano le stesse idee su come si diventa governanti, o classe dirigente. Su questo punto esiste una divergenza tra i due.

Gaetano Mosca ritiene che una classe sia dominante, o dirigente, o politica (negli Elementi di Scienza Politica viene usato indifferentemente uno o l’altro termine) in virtù di di qualità morali, professionali e materiali; tutte queste qualità possono essere in possesso degli appartenenti all’attuale classe dirigente, oppure possono essere semplicemente ereditate. 

Per quanto riguarda la moralità, in società in cui l’aspetto religioso è molto importante, i sacerdoti e i preti costituiscono una classe speciale, un’aristocrazia che esercita una buona parte del potere politico e amministra buona parte della ricchezza; Mosca cita l’antico Egitto, ma si può pensare anche alla Francia amministrata da Richelieu e da “padre Giuseppe”, il frate cappuccino che esercitava di fatto le funzioni di Ministro degli Esteri della Francia.

L’articolo 59 comma 2 della nostra costituzione riproduce parzialmente il pensiero di Mosca, per quanto riguarda i meriti professionali:

Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque.

In virtù di questo articolo, possono diventare Senatori a vita (ma sono già classe dirigente) coloro che hanno conferito prestigio all’Italia attraverso i loro meriti professionali. Pensiamo, ad esempio, a Renzo Piano (meriti artistici), Elena Cattaneo (meriti scientifici) o Liliana Segre (meriti in campo sociale). 

Per quanto riguarda il possesso delle qualità materiali, Mosca ammette che la ricchezza, il censo, possa consentire di essere classe dirigente. Ciò valeva nell’antica Roma, come oggi. A Roma, ad esempio, gli equites erano quei cittadini romani che possedevano o avevano il danaro per acquistare il cavallo e che, in virtù di ciò, rappresentavano una classe sociale a parte rispetto a patrizi e plebei. Oggi, come nell’ottocento, avere cospicue risorse economiche può aiutare ad acquisire anche il potere politico e a indirizzare l’azione dello Stato.

Mosca ammette che chi fa parte della classe dominante non deve per forza possedere queste qualità morali, professionali o materiali, può anche averle ereditate. Quindi, ad esempio, il figlio di un illustre politico locale che ne ha ereditato le relazioni sociali e le conoscenze rientrerà a buon diritto all’interno della classe dirigente; così come gli eredi di un ricco industriale. I membri della classe dirigente, insomma  devono avere qualche requisito, vero od apparente, che è fortemente apprezzato e molto si fa valere nella società nella quale vivono. Il realismo di Mosca, da questo punto anticipa di molto anche il dibattito odierno sulla cosiddetta meritocrazia, egli sostiene infatti:

Ed in realtà, per quanto esami e concorsi siano teoricamente aperti a tutti, alla maggioranza manca sempre l’agiatezza necessaria per sopperire alle spese di una lunga preparazione, ed a molti altri fanno difetto le relazioni e le parentele, per le quali un individuo è messo subito sulla via buona e si evitano i tentennamenti e gli sbagli inevitabili quando si entra in un ambiente sconosciuto, nel quale non si hanno guide ed appoggi.

Come si diventa classe dirigente? con un programma che diventi senso comune

Ne I Quaderni dal Carcere Gramsci non tratta il tema della classe dirigente in maniera così didascalica come quella di Mosca; per questo per rispondere alla domanda “Come si diventa una classe dirigente?” proviamo a mettere assieme un passaggi diversi di questa opera.

Innanzitutto, come già accennato, per Gramsci la classe dirigente lo è già prima di essere dominante. Questa classe può essere “progressiva”, quando fa avanzare l’intera società soddisfacendo le sue esigenze esistenziali ed espandendo i suoi quadri. L’espansione di classe è necessaria per prendere possesso di nuove sfere di attività industriale e produttiva. Quando viene meno il carattere progressivo, la classe cessa di diventare dirigente ed è solo dominante. In questo momento può affermarsi una nuova classe dirigente.

Un esempio può essere utile per spiegare come funziona questo meccanismo. Per Gramsci, il partito dei moderati era quello dominante dall’unità d’Italia in poi e gli individui e gli intellettuali che ne facevano parte rientravano a pieno titolo nella classe progressiva: capi di azienda, grandi proprietari amministratori terrieri, imprenditori commerciali e industriali, eccetera. Il partito dei moderati espandeva i suoi quadri ed esercitava un potere di attrazione anche verso altri intellettuali, come ad esempio quelli provenienti dal Partito d’Azione. I capi del Partito d’Azione, infatti, venivano attratti dai moderati dando luogo a quel fenomeno che in Italia chiamiamo “trasformismo” e che non è altro che esercizio di un’egemonia di una classe sull’altra.

Cosa avrebbe potuto fare, quindi, il Partito d’Azione per contrastare la forza dei moderati? In primo luogo, avrebbe dovuto appoggiarsi a una classe storica, quella dei dominati per dirla con Gaetano Mosca, oppure quella dei contadini, per citare Gramsci. In secondo luogo, avrebbe dovuto organizzarsi per contrastare e controbattere l’attività dei moderati: questi agivano, coerentemente con il loro fine, in maniera molecolare. Al contrario, il partito d’Azione avrebbe dovuto elaborare un programma coerente e dettagliato tenendo conto delle rivendicazioni delle classi popolari e agire in maniera collettiva. Attraverso questo approccio, il Partito d’Azione avrebbe potuto cessare di essere un semplice organo di agitazione e propaganda dei moderati ed emanciparsi da questi.

Riepilogando, secondo Gramsci, per diventare classe dirigente bisogna:

  • appoggiarsi a una classe storica, quella dei dominati;
  • ascoltare le rivendicazioni della classe dei dominati;
  • elaborare un programma di governo coerente e dettagliato, in cui inserire tali rivendicazioni;
  • adottare un’organizzazione politica, in grado di resistere e contrastare le iniziative della classe dominante;
  • non limitarsi all’agitazione e alla propaganda, ma seguire un fine specifico.

Solo così un’avanguardia potrà far diventare senso comune la propria visione del mondo.

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di Intelligenza Politica