Come si maneggia il potere?

Sommario

Per capire il potere è necessario riuscire a maneggiarlo, rendendolo un concetto non troppo generale nè troppo specifico. Un’idea troppo generica e astratta di potere potrebbe infatti renderlo un concetto vago e ineffabile, impossibile da comprendere. Al contrario, una definizione precisa, dettagliata e particolareggiata rischia di alimentare manie di catalogazione che provocano soddisfazione, ma non hanno alcuna rilevanza pratica. 

Molti grandi autori hanno provato a imbrigliare l’idea di potere, a definirla e a dotarla di confini precisi: Platone, Aristotele, Machiavelli, Hobbes, Pareto, Max Weber. Il potere ha assunto varie forme ai loro e ai nostri occhi: influenza, controllo, pouvoir, puissance, Macht, Herrschaft, imperium, potestas, auctoritas, potentia ecc. 

Probabilmente, non saremo in grado di dare un’unica definizione di potere nell’immediato futuro e dovremo rassegnarci a non avere una singola e univoca “Teoria del potere”. Quello che noi uomini e donne siamo riusciti a fare è elaborare più definizioni di potere con un ambito di applicazione limitato ma utile per comprenderne il funzionamento. 

Una nozione giuridica di potere

Durante gli studi di giurisprudenza si approfondisce una specifica idea di potere, quella che ha a che fare con l’uso legittimo della forza. La nozione di potere è più ampia e fa riferimento a un’interazione in cui un soggetto A induce un soggetto B ad adottare un comportamento che questi non avrebbe mai adottato. Questa è la definizione di potere sociale, cioè di capacità di influenzare il comportamento di altri individui, e può operare anche a prescindere dall’uso legittimo della forza.

Il potere sociale è tripartito in potere economico, potere ideologico e potere politico. Il potere economico è quello che deriva dalla proprietà o dal possesso di beni in una situazione che, in termini economici, si definisce di scarsità. Questo si avvale della proprietà dei beni per indurre chi non li possiede ad adottare un comportamento che altrimenti non adotterebbe. Un esempio classico è quello del proprietario di un’impresa che usa il proprio potere per indurre i soggetti non proprietari a lavorare per lui, alle condizioni da lui poste. Il potere ideologico si avvale di alcune forme di conoscenza, dottrine e filosofie per influenzare un gruppo e per indurlo a compiere o non compiere specifiche azioni. Nel corso della storia, i sacerdoti, gli scienziati, i chierici, i mandarini hanno esercitato questa particolare forma di potere. Il potere politico, come già detto, è quello che può avvalersi dell’uso della forza per imporre la propria volontà, sebbene lo possa fare come extrema ratio

In passato, questi poteri erano indistinguibili. Un’istituzione o un principe, come ad esempio avveniva nel sistema feudale, potevano detenere assieme potere economico, intellettuale e politico. Con la nascita dello Stato moderno c’è stata una progressiva differenziazione dei tre poteri con una netta separazione del potere politico dagli altri due. Lo Stato è diventato l’unico depositario del potere politico e dell’uso legittimo della forza, con il compito di assicurare la pacifica coesistenza degli individui e dei gruppi nella società.

Il potere come interazione

Le scienze sociali adottano la definizione di potere già menzionata: esso è un’interazione in cui un soggetto A induce un soggetto B ad adottare un comportamento che questi non avrebbe adottato altrimenti. Malgrado questa interazione possa avvenire anche tra soggetti animati e inanimati, qui ci occupiamo di quella tra esseri umani. Questi sono definiti attori e possono essere individui, gruppi, uffici, governi, Stati nazione o altri gruppi/aggregazioni umane.

Per esaminare le interazioni tra questi attori si applica la teoria dei giochi, strumento utilizzato tanto nelle relazioni internazionali, come in economia. Questa teoria presuppone sia l’esistenza di condizioni di scarsità, cioè il fatto che non esistano le condizioni per soddisfare i bisogni di tutti, sia il principio di razionalità, secondo cui ogni attore ha il fine di massimizzare la propria utilità. L’esercizio della forza, quindi, serve a raggiungere un certo grado di convivenza pacifica, a ricomporre dei conflitti. Il risultato dell’interazione degli attori coinvolti è un equilibrio, cioè una situazione in cui nessuno di loro riesce a migliorare da solo la propria condizione.

Circoscriviamo il campo. Per capire come il potere si possa intendere come un’interazione, possiamo limitare l’attenzione a quei comportamenti umani, a quelle interazioni che hanno a che fare con l’ambito della politica. Questa limitazione è essenziale perché molte forme di interazioni sociali comportano l’uso del potere: a casa, a scuola, al lavoro, in Chiesa e in molti altri ambiti in cui si esercita un’influenza. 

Attori. A noi interessa in particolare quella che ha a che fare con il rapporto tra lo Stato, unico depositario dell’uso legittimo della forza, e i cittadini. Nel modello, lo Stato può essere un’istituzione (Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica ecc), mentre i cittadini possono essere anche movimenti, sindacati e associazioni.

Definizione del gioco. É la situazione in cui l’abilità di un individuo di raggiungere i propri obiettivi dipende anche dalle scelte fatte da altri attori chiaramente identificabili.

Svolgimento del gioco. Il governo prende una decisione e il cittadino sceglie se adottare un comportamento di lealtà, protesta o defezione.

Modalità di decisione. I giocatori prendono le proprie decisioni sulla base di quello che credano sia il loro migliore interesse.

Esistono vincitori e perdenti. Ai fini del gioco, le situazioni da considerare devono avere dei soggetti che traggono dei vantaggi a discapito di altri, cioè devono esserci dei “vincitori” e dei “perdenti”. Nella realtà, fuori dal gioco, può non essere così; come una mappa è un’approssimazione del territorio che rappresenta, il modello è una rappresentazione schematica della realtà, che non riesce a riprodurne la ricchezza e la complessità. 

Ipotizziamo di dover esaminare queste situazioni:

  • Il Parlamento diminuisce le tasse alla parte più ricca della popolazione;
  • Il governo decide di investire soldi nel settore agricolo, togliendoli a quello manifatturiero;
  • Le istituzioni europee decidono di eliminare restrizioni economiche (dazi) o tecniche per l’importazione di auto elettriche da altri Stati.

Nel caso di una tassazione più favorevole ai ricchi, questi otterranno dei benefici (vincitori), mentre i poveri saranno danneggiati e presumibilmente scontenti (perdenti). Nel caso in cui il governo decida di destinare finanziamenti al settore agricolo, sottraendolo a quello manifatturiero, i rappresentanti del primo saranno ben contenti (vincitori), mentre i secondi verranno danneggiati da questa decisione (perdenti), perchè probabilmente avevano pianificato degli investimenti contando sul supporto del governo. Se le istituzioni comunitarie decidessero di eliminare dazi o requisiti tecnici per le importazioni di auto elettriche dall’estero, beneficerebbero i consumatori (vincitori) del proprio Stato che avrebbero accesso a macchine più economiche e meno inquinanti; allo stesso tempo, farebbero infuriare i produttori interni di automobili (perdenti), questi dovrebbero fronteggiare concorrenti che offrono prodotti della stessa qualità, che però hanno prezzi più bassi. In tutte queste situazioni, che sono molto semplificate, dei soggetti ottengono dei benefici e altri vengono danneggiati.

I tipi di interazione sono: lealtà, defezione e protesta. Nel modello, nel gioco che stiamo esaminando, esistono tre tipi di interazione alla decisione iniziale: lealtà, defezione e protesta.

  • Lealtà significa che si accetta il cambiamento, senza discutere e senza cambiare il proprio comportamento. 
  • Defezione significa accettare il cambiamento nel proprio ambiente e adottare un nuovo comportamento che consenta di ottenere il miglior risultato possibile, data la nuova situazione;
  • Protesta significa utilizzare la propria influenza per provare a cambiare la situazione e re-instaurare la condizione precedente; può comprendere manifestazioni, lobbying o iniziative pubbliche di protesta.

Alcuni esempi di interazioni

Ipotizziamo che la maggioranza parlamentare e il governo abbiano introdotto alcuni cambiamenti; riprendendo gli esempi menzionati, immaginiamo un taglio alla tassazione per i più ricchi a danno dei più poveri. Seguendo il modello “Lealtà, defezione, protesta”, questi ultimi potrebbero:

  • accettare il cambiamento, senza proferire parola e senza mutare il proprio comportamento; in questo caso, si tratterebbe di pagare seguendo le nuove norme che prevedono una tassazione più elevata;
  • disertare (defezionare) e quindi cambiare il proprio comportamento, per affrontare la situazione peggiore che si è venuta a creare a causa delle nuove misure; in questo caso, una defezione consisterebbe nel cambiare paese per andare a vivere in un con maggiore equità fiscale, oppure adottare una strategia per ottimizzare la propria situazione finanziaria;
  • Organizzarsi, esporsi e protestare contro le nuove misure per chiedere alla maggioranza parlamentare e al governo di tornare sui propri passi e abbassare la tassazione per i più poveri; in questa ultima ipotesi, si potrebbe contattare un’associazione, un partito, un sindacato, la redazione di un giornale per manifestare pubblicamente il proprio dissenso, oppure organizzare uno sciopero o una manifestazione.

Passiamo, invece, al secondo esempio, quello dello spostamento di risorse dal settore manifatturiero a quello agricolo. In questa ipotesi, i rappresentanti dell’industria manifatturiera potrebbero:

  • accettare le nuove priorità del governo e continuare a lavorare come prima;
  • disertare le nuove norme. Piuttosto che operare sotto le nuove condizioni, i rappresentanti dell’industria manifatturiera potrebbero valutare di chiudere la loro impresa, riconvertirsi in imprenditori agricoli o sfruttare regimi giuridici a loro più favorevoli trasferendo l’impresa all’estero;
  • protestare contro le nuove misure. Per farlo, i rappresentanti degli industriali potrebbero pubblicare un rapporto che sottolinea gli effetti negativi della nuova decisione, organizzare delle manifestazioni di protesta davanti al Parlamento o in tutte le Regioni ecc.

Nell’ultimo caso, le istituzioni europee decidono di eliminare dazi e requisiti tecnici per l’importazione di auto elettriche da Stati terzi. In questa ipotesi, i produttori europei di auto potrebbero:

  • accogliere senza colpo ferire le nuove decisioni delle istituzioni;
  • disertare e quindi decidere di adottare un nuovo comportamento; anche in questo caso potrebbero decidere di abbandonare il mercato dell’Unione Europea, oppure adattarsi alle nuove norme abbassando i prezzi, magari tentando di migliorare la tecnologia;
  • protestare e adottare strategie di lobbying per reintrodurre la regolamentazione precedente, facendo notare che queste potrebbero causare la perdita di posti di lavoro, eccetera.

È possibile schematizzare le interazioni del potere inteso come relazione tra diversi soggetti, per poter capire in modo più intuitivo il suo funzionamento.

Il potere come relazione

La critica ai tre modi “classici” di intendere il potere: re, padrone e aguzzino

Proviamo a cambiare prospettiva, adottando un punto di vista filosofico. La definizione di potere, tipica delle scienze sociali, identifica il potere con delle interazioni, ma tralascia il fatto che esso è prima di tutto una relazione che produce effetti concreti e tangibili sia nella costruzione di soggetti umani, che in quella dell’ordine sociale.

Negli anni ‘70, è proprio su queste basi che Michel Foucault ha delineato un’analisi tripartita del potere, inteso come modello della sovranità, modello merceologico e modello della repressione.

Il modello della sovranità fa riferimento alla fonte del potere: la costituzione (e quindi la legge), la tradizione o il carisma. Questo è il modello classico di potere e corrisponde al dominio e alle regole e si esprime nella forma di relazione dominante-dominato, attraverso le istituzioni monarchiche, ma anche democratiche. Per Foucault il modello del potere-sovranità a priori, cioè quello che deriva da una fonte di potere esterna, non esiste: esso è una delle caratteristiche della politica, ma non è l’unica. Infatti, esistono altri poteri, spesso non riconosciuti, che coesistono con il potere sovrano. Concentrarsi solo sul potere-sovranità, inoltre, ci induce a ignorare gli altri tipi di potere che riescono a organizzare i soggetti e la società moderna. Infine, secondo Foucault, il potere pervade tutte le relazioni e non è riferibile esclusivamente alla sovranità. Questa è un effetto, un emblema del potere, non la sua fonte.

Il modello della merce fa riferimento al movimento del potere. In questo caso, il potere è materiale, tangibile e trasferibile come le merci e la ricchezza. Come è facile intuire, questa è una formulazione economica del potere e riprende alcune idee di Marx. Ad esempio, il potere è estraibile e mercificabile, ed è per questo che costituisce l’elemento base del capitale e dell’economia capitalista. In quest’ottica, il potere è anche trasferibile tanto da un sovrano all’altro, come dal sovrano al popolo. Chi ha concepito la società in termini di contratto sociale tra governanti e governati si è basato sull’idea che il potere sia una merce e, in quanto tale, possa essere l’oggetto di un accordo in uno Stato liberaldemocratico. Su questa concezione di potere si fonda la teoria di chi ammette l’esistenza di gruppi dotati di potere e di gruppi che ne sono sprovvisti; infatti, se il potere è mobile e trasferibile, è ben possibile che alcuni ce l’abbiano e altri noi. Foucault critica la validità di questo modello e ritiene che il potere sia un elemento costitutivo dei soggetti e non è qualcosa che essi esercitano. Il potere opera sotto forma di relazioni tra i soggetti e non è mai semplicemente posseduto da essi, ma scorre e irriga la società.

Il modello repressivo si concentra sulla natura coercitiva del potere, che reprime e limita. Il modello repressivo è quello più comune dal punto di vista psicologico e si concentra sulla coazione e sulla restrizione. In quest’ottica, le istituzioni sono lo strumento di contenimento del desiderio e delle passioni naturali, che vengono relegate al campo dell’illegalità. Il modello repressivo serve, dunque, per reprimere e per punire, per disciplinare. Foucault elabora quattro punti di critica di questa forma di potere: anzitutto, la natura del potere non è repressiva, ma produttiva, cioè il potere porta alla luce il significato, i soggetti e l’ordine sociale che sono conseguenze della sua applicazione; in secondo luogo, il potere non è contrario alla libertà, anzi, non può esistere nè un soggetto né la libertà al di fuori del potere; la terza critica è che nel modello repressivo esisterebbe un soggetto, un essere umano, che resta indenne dalla repressione, per Foucault non è così; l’ultima critica è che la repressione stessa, per Foucault, non contiene il desiderio, anzi, lo fa proliferare.

Questa nuova concezione di potere scuote quella classica che identificava il potere con la legge, la ricchezza, la violenza e il regime. Grazie a Foucault, il potere ha assunto un’altra immagine: si identifica in parole, nella giustapposizione di immagini, in discorsi sulla verità scientifica, nella micro-organizzazione dei corpi e dei gesti, nell’orchestrare dolore e piacere, malattia e salute, paura e sofferenza.

Una nuova idea di potere

Questi tre modelli di potere non ne colgono completamente il reale funzionamento. Foucault si concentra su questo tema nelle sue lezioni degli anni ‘70: il funzionamento decentrato del potere, la sua capacità di plasmare i soggetti e le istituzioni e quella di reprimerne specifici  comportamenti. 

Il potere non è una forza centralizzata ma pervasiva, che si irradia in tutta la società: non è repressivo ma produttivo. Questa è un’idea interessante rispetto alla concezione classica: il potere cessa di essere uso legittimo della forza da parte delle istituzioni e comincia a scorrere nella società per creare. Il potere è una forza generativa che attraversa soggetti, istituzioni e cittadini. La tecnica di governo moderna fa ampio uso di questa qualità del potere, consente di ammassare e distinguere allo stesso tempo, di combinare micropoteri e macropoteri che, da un lato, operano sotto traccia su corpo e mente, dall’altro, possono funzionare in maniera esplicita, centralizzata e visibile, come quelli delle istituzioni. 

Il potere non attraversa solo le interazioni tra soggetti, come abbiamo visto nel modello Lealtà, defezione e protesta, ma è una relazione, per cui è giusto chiedersi: come si può governare sè stessi? Come si governano gli altri? Da quali persone è accettabile essere governati? Come si può essere il miglior governante possibile? 

Parlare di governo e potere significa approfondire anche i temi della legittimità, dello Stato e delle istituzioni; riguarda però anche sè stessi, la propria famiglia, il posto di lavoro, la vita pubblica. L’uso della forza e del dominio non sono gli unici aspetti del potere e, forse, non sono neanche quelli più interessanti. Esistono modalità di governo, di disciplina e di incanalamento dei comportamenti più raffinate, che portano risultati efficaci della coercizione e della sopraffazione. 

Per studiare processi e mezzi di governo, Foucault usa l’espressione governamentalità, un neologismo che fonde governo e razionalità e che approfondisce le modalità di controllo attraverso mezzi razionali, le applicazioni del potere che uniscono sia gli aspetti istituzionali che quelli disciplinari e pratici. 

Perché è importante conoscere tanto il modello classico, come la governamentalità?

Ma, allora, qual è il modello corretto di concepire e studiare il potere? Tutti. L’idea giuridica del potere politico ha più a che fare con la legittimità dell’uso della forza, si preoccupa delle cause del suo esercizio che delle sue conseguenze. Il modello del potere come interazione (Lealtà, defezione e protesta) è molto utilizzato in ambito accademico e in ambito strategico e studia le conseguenze della sua applicazione. Infatti, consente di elaborare la migliore strategia d’azione, ipotizzando una successione azione-reazione. Tant’è vero che il modello Lealtà, defezione e protesta è una delle applicazioni della teoria dei giochi, uno strumento utilizzato durante la guerra fredda per analizzare gli scenari possibili in caso di utilizzo dell’arma atomica. Applicato al governo, questo modello consente di elaborare la strategia più efficace possibile in termini di consenso, ferme restando le condizioni di partenza in cui si opera e tenendo conto di diversi scenari di azione-reazione.

Il modello di Foucault, invece, serve ad allentare le rigidità di questi due modelli del potere, che lo concepiscono come un monolite posseduto dal governo che propone e dispone della vita dei cittadini. La visione di Foucault lascia il campo aperto a diversi scenari di gestione del potere: da un lato, apre più di uno spiraglio per l’emancipazione e il riscatto di chi ha meno potere; dall’altro, invece, ammette la possibilità di panorami terribili. Infatti, chi dispone dei mezzi di governo, può anche affiancarvi un armamentario più complesso e raffinato per disciplinare, spaventare, reprimere e dirigere. Su questo armamentario si era espresso, prima di Michel Foucault, anche Aldous Huxley ne Il ritorno al mondo nuovo

Non c’è, naturalmente, alcun motivo per cui i nuovi totalitarismi debbano somigliare a quelli vecchi. Il governo dei manganelli e dei plotoni di esecuzione, della carestia artificiale, dell’imprigionamento in massa e della deportazione di massa, non solo è inumano (nessuno se ne preoccupa più di tanto ai giorni nostri), ma è palesemente inefficiente e in un’epoca di tecnologia avanzata l’inefficienza è un peccato mortale. Uno Stato totalitario davvero efficiente sarebbe quello in cui l’onnipotente potere esecutivo dei capi politici e il loro corpo manageriale controllano una popolazione di schiavi che non devono essere costretti a esserlo con la forza perché amano la loro schiavitù. 

Aldous Huxley – Ritorno al Mondo Nuovo

Le tecniche in mano ai governi e alle grandi imprese erano già in grado di disegnare i comportamenti, controllare, dirigere e disciplinare in modo più efficiente e meno cruento rispetto ai regimi totalitari. Huxley ne scrive nel pieno della Guerra Fredda ed è spaventato tanto dagli Stati come dalle grandi imprese, perchè le sue riflessioni sono legate al concetto classico di potere. Se invece il potere viene concepito come relazione, seguendo la suggestione di Foucault, come forza che scorre all’interno di ognuno di noi, la prospettiva di un futuro distopico perde vigore: ciascuno, infatti, può esercitare una parte del suo potere per allontanare questo scenario e costruirne uno in cui venga lasciato maggior spazio alla dimensione umana.

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di Intelligenza Politica