Si può imparare la politica?

Sommario

Lo psicologo statunitense Howard Gardner nel suo libro “Leading Minds – An Anatomy Of Leadership”, racconta le storie di alcune personalità politiche di rilievo vissute nel novecento, tra cui: Oppenheimer, il fisico che ha costruito la bomba atomica; George Marshall, Capo di Stato maggiore americano durante la Seconda Guerra Mondiale, Segretario di Stato e ideatore del famoso “piano Marshall” per la ricostruzione dell’Europa; Margaret Mead e Margaret Thatcher, rispettivamente antropologa statunitense e primo ministro britannico negli anni ‘80. 

La storia del secolo scorso è costellata di politici o di persone che hanno cambiato la politica, come: Winston Churchill, Hannah Arendt, Antonio Gramsci, Simone Weil, Vladimir Lenin, Simone de Beauvoir, Charles De Gaulle, Nilde Iotti, Iosif Stalin, Rosa Parks, Alcide De Gasperi, Rosa Luxemburg, Ernesto “Che” Guevara, Indira Gandhi, Henry Kissinger, per citarne alcuni. Tutte queste personalità, diverse per orientamento politico, vissuto personale, luogo di nascita e origine, hanno influenzato la politica e la storia degli esseri umani. Alcune lo hanno fatto dopo un percorso di studi formale; altre, invece, grazie alla pratica e al dominio di uno specifico settore sono riusciti ad essere determinanti. 

Gardner nel suo libro enuncia le caratteristiche dei leader di cui scrive, ma non approfondisce se e come si possa imparare la politica e, in tal modo, si possa ambire a influenzare e forgiare la storia degli uomini. Secondo l’ex segretario di Stato Kissinger1 : “Gli uomini di Stato veramente grandi, come Winston Churchill e Charles De Gaulle, non avevano un quoziente d’intelligenza superiore a quello dei loro contemporanei, ma avevano un senso almeno istintivo del ritmo della storia. Che il processo politico attuale generi qualcosa di simile resta un interrogativo.” Sicuramente non tutti possono diventare degli statisti alla stregua di Churchill, De Gaulle e gli altri giganti del novecento, ma si può lavorare per acquisire il senso del ritmo della storia

Perché imparare la politica?

Imparare la politica, o acquisire il senso del ritmo della storia, è importante perché gli altri faranno politica per noi in ogni caso. Prenderanno decisioni che influenzeranno le nostre vite, nel bene o nel male, impegneranno il nostro Paesi in trattati internazionali con altri Stati o creeranno nuove organizzazioni internazionali, istituiranno o sopprimeranno enti, agenzie e Ministeri, dichiareranno guerra o sigleranno trattati di pace. Queste attività avranno comunque luogo, a questo punto può essere utile impegnarsi per condizionare queste decisioni, che in ogni caso ci coinvolgeranno.

Imparare la politica, che significa anche fare politica, è importante per prendersi cura degli altri: della comunità a cui si sente di appartenere, del luogo in cui e per cui si fa politica, quartiere, città, regione, e così via e della classe sociale che si vuole rappresentare. Prendersi cura vuol dire anche sostenere, accompagnare e indirizzare gli altri in un cammino di crescita e di cambiamento. Tutti viviamo questo cambiamento, perchè tutti viviamo la storia: facendo politica possiamo contribuire a generarlo o a dirigerlo.

Imparare la politica è come imparare un’arte e, alla stregua dell’arte, può essere gratificante di per sè. Come il pittore per prima cosa impara a guardare, chi vuole fare politica comincia a guardare il mondo, ad analizzarlo, e a capire quello che gli piace o meno. In secondo luogo, il pittore inizia ad abbozzare in mente la propria idea, mentre chi vuole imparare la politica immagina le soluzioni più adatte per migliorare la vita della propria comunità. Infine, si passa alla pratica: il pittore comincerà a mettere su tela la propria idea, e il politico dovrà fare uno sforzo generativo simile: sarà chiamato a concretizzare le soluzioni che ha immaginato per la proprie comunità: presentando una proposta di legge, conducendo una campagna per influenzare l’opinione pubblica, partecipando a una campagna elettorale eccetera.

Conoscenze e competenze classiche per imparare la politica

Come fare, quindi, a imparare la politica? Probabilmente non esiste un unico modo per farlo, ma ci si può arrivare acquisendo, approfondendo e perfezionando una serie di conoscenze e di competenze. Di seguito ci sono quelle più importanti (secondo me) e che si basano sulla definizione di politica di Platone, Max Weber e Giovanni Sartori.

Comandare gli eserciti. Secondo Platone, per poter allevare gli uomini è necessario garantirne la sopravvivenza e quindi difenderli da eventuali aggressioni; da ciò deriva la convinzione che chi vuole imparare la politica debba avere conoscenze militari significative. Ciò era particolarmente vero nella Grecia Antica ed è vero anche oggi, anche se dopo tanti anni di pace sul suolo italiano questa affermazione può sembrare una cosa lontana. Al giorno d’oggi, questo tema sta riguadagnando importanza anche nel vecchio continente: con lo scoppio del conflitto tra Ucraina e Russia, schierare nuove truppe sui confini orientali dell’Europa è tornata una priorità.

Conoscere le leggi. Platone parla di Potere giudiziario, ma possiamo intenderlo come appunto conoscenza delle leggi perché in uno Stato di diritto, in virtù della separazione dei poteri, chi esercita un’attività politica, e quindi la funzione legislativa o esecutiva, non può anche esercitare la funzione giudiziaria. Giovanni Sartori non fa un riferimento diretto alla conoscenza delle leggi, ma  definisce la politica come sede, contesto in cui vengono prese delle decisioni collettivizzate sovrane, da parte di un personale collocato in sedi politiche. Studiare le leggi è fondamentale per sapere quando il personale è collocato in sede politica, ma l’ambito giuridico è sterminato, quindi, è necessario circoscrivere la propria preparazione ad alcuni ambiti:

Diritto dell’Unione Europea (UE). Molti Stati del vecchio continente hanno deciso di cedere parte della propria sovranità all’Unione Europea, sulla base dei Trattati Istitutivi. L’Unione Europea è un’organizzazione internazionale che esercita le competenze attribuite dagli Stati Membri che la compongono. Perché è importante conoscere il funzionamento del diritto dell’Unione Europea? Perché le istituzioni dell’UE adottano atti giuridici vincolanti, come le Direttive, i Regolamenti e le Decisioni che rientrano a pieno titolo in quelle decisioni collettivizzate sovrane che, per Sartori, rappresentano la Politica. Alcuni degli atti giuridici dell’Unione Europea, infatti, vengono prese da personale collocato in sede politica, cioè in grado di adottare decisioni collettivizzate che vincolano tutti i cittadini.

Diritto costituzionale comparato. I circa 190 Stati presenti sul pianeta hanno adottato sistemi di organizzazione che possono essere diversi o molto simili. Attraverso la loro comparazione, si può evincere come una specifica comunità di uomini ha affrontato e tentato di risolvere un problema o una questione. Ad esempio, gli stati di ispirazione liberale per evitare l’abuso e la concentrazione di potere hanno separato il potere di fare le leggi (legislativo), quello di giudicare in base alle stesse (giudiziario) e quello di governare (esecutivo). Lo studio dei vari sistemi di organizzazione degli Stati risale, ovviamente senza alcuna sorpresa, ai greci. Platone e Polibio elencavano le forme di governo conosciute all’epoca: Monarchia, Tirannide, Aristocrazia, Oligarchia, Democrazia e Oclocrazia. Il diritto costituzionale odierno, invece, si concentra sullo studio delle forme di Stato e di Governo dei vari Stati. Le prime approfondiscono i rapporti tra i governati e i governanti, mentre le seconde si concentrano sui rapporti tra i diversi organi previsti dalla costituzione.

Diritto costituzionale del proprio Stato. La conoscenza del diritto può tornare utile a chi è interessato alla politica, soprattutto per quanto riguarda le regole di funzionamento dello Stato e quindi il diritto costituzionale. Questo, secondo l’enciclopedia Treccani è quella “Parte dell’ordinamento giuridico che ha per oggetto la forma di governo, il funzionamento degli organi supremi dello Stato e i rapporti relativi alle posizioni dei cittadini e di tutti i soggetti sottoposti all’ordinamento giuridico statale”. Studiare la costituzione serve a capire i principi che ispirano uno Stato e la sua organizzazione è fondamentale per capire quali sono le regole del gioco.

Convincere con le parole e i discorsi. Per fare politica è importante saper persuadere, convincere attraverso l’uso delle parole e dei discorsi: ciò valeva tanto nell’antica Grecia, quanto al giorno d’oggi2. Se lo scopo della Politica è allevare gli uomini, indirizzarli e guidarli, come sostiene Platone, per farlo è necessario padroneggiare l’arte della retorica; obbligare uomini e donne ad adottare specifici comportamenti attraverso l’uso della forza alla lunga è inefficace e anche controproducente. Per imparare l’arte della retorica si possono studiare, imitare e riadattare gli artifici dei più grandi oratori della storia e imparare a scrivere discorsi persuasivi. Padroneggiare gli strumenti della retorica contribuisce anche a sviluppare il carisma che, secondo Max Weber, è una delle fonti del potere, assieme alla tradizione e alle leggi.

Affiancare, mettere assieme, uomini con temperamenti differenti e complementari. Secondo Platone, un buon politico deve saper creare gruppi di uomini che ricomprendano tanto uomini coraggiosi che uomini più calmi e temperanti. I primi trascinerebbero la comunità in conflitti e guerre inutili, senza il contraltare di uomini e donne più miti. Questi ultimi correrebbero il rischio di essere troppo condiscendenti e farsi conquistare da popoli più bellicosi, senza il bilanciamento di uomini e donne più ardimentose. Come si può imparare a capire e ad accoppiare gli uomini in base alle caratteristiche del loro temperamento? Un modo è attraverso la prassi; cercando di conoscere e frequentare persone con un retroterra, cultura, usi, costumi e abitudini diverse si potrebbe creare un ideale spettro delle tipologie, dei caratteri e degli interessi degli esseri umani, partendo da persone concrete, realmente esistenti. Un altro metodo è quello della lettura; qui c’è da prendere in prestito una definizione del professor Barbero: “la letteratura (come anche la storia) è un moltiplicatore dell’esperienza”3. Leggere serve ad aumentare il numero e la qualità delle vite che abbiamo vissuto, possiamo immedesimarci in un re medievale, in uno schiavo romano, in un soldato sovietico che ha combattuto la Seconda Guerra Mondiale, in un’elfa ribelle, in una portiera filosofa o in una docente universitaria. Non sono solo la letteratura o la storia che funzionano come come “moltiplicatori dell’esperienza”, ma anche film, serie TV e gli spettacoli teatrali possono svolgere la stessa funzione.

Gestione di uomini e mezzi. Per esercitare il potere sono necessari uomini e mezzi4: i primi rappresentano uno specifico gruppo di persone disposte a obbedire a coloro che pretendono di essere investiti del potere legittimo; i secondi, invece, sono i beni oggettivi necessari per l’esercizio della forza fisica. Sia gli uomini che i mezzi sono necessari anche per l’esercizio dell’attività di impresa capitalista ed è lo stesso Max Weber che lo ammette. Esiste una pluralità di esperienze, e di percorsi di istruzione formale e di lavoro per sviluppare la gestione di uomini e mezzi che dipendono anche dall’epoca storica. Probabilmente negli anni ‘70 il modo migliore per svilupparle era partecipare alla vita dei partiti politici e ai movimenti studenteschi; negli anni ‘90 erano le business school5; oggi la gestione di progetti, di uomini e mezzi, è la materia principale sulla quale si concentra la filosofia Agile e alcune metodologie, come ad esempio Scrum e Kanban.

La Storia. Secondo Erodoto, lo scopo della Storia è impedire che gli avvenimenti determinati dall’azione degli uomini sbiadiscano col tempo, evitare che le imprese realizzate dai greci e dai barbari (cioè dai non greci) perdano la dovuta risonanza; per Erodoto, quindi, la Storia serve a lodare le gesta passate degli uomini. Chi vuole imparare la politica potrebbe trovare utile questa concezione della Storia, perchè gli fornirebbe anche modelli di comportamento ai quali ispirarsi e da imitare. Ma conoscere la Storia ha anche un’altra funzione: quella di capire i motivi che hanno spinto gli uomini a prendere certe decisioni anzichè altre, a capire come si entra in guerra, come si vincono o perdono le battaglie e come si possono evitare decisioni disastrose. Per imparare la politica si deve studiare la Storia, perchè quando si affrontano delle situazioni nuove, quando si devono prendere delle decisioni, si possono ripescare dei precedenti analoghi per orientarsi. Ovviamente, gli episodi del passato da usare come punti di riferimento possono essere simili alle situazioni che ognuno affronta, mai uguali; per questo, bisogna tener presente che anche alla luce dei precedenti storici, i risultati delle proprie scelte non sono quasi mai assicurati; c’è sempre un margine di incertezza. Conoscere la Storia, per chi vuole imparare la politica, è utile anche a capire com’era la vita di chi lo ha preceduto e lo aiuta anche a capire un po’ meglio come funziona il mondo.

Conoscenze e competenze contemporanee per imparare la politica

Per andare oltre gli autori classici citati e avvicinarci ai giorni nostri, possiamo anche rivolgerci a William Clark, Matt Golder e Sona Nadenichek Golder, autori di un manuale, Comparative Politics, in cui elencano gli ambiti da padroneggiare per imparare la politica:

  • Politica interna: politica negli Stati
    • Sistemi elettorali;
    • Sistemi partitici;
    • Forme di Stato;
    • Forme di Governo;
    • Relazioni tra il potere esecutivo e il potere legislativo.
  • Politica estera: politica tra gli Stati
    • Conflitti (bellici o meno);
    • Politica estera;
    • Organizzazioni Internazionali.
  • 3. Elementi comuni a entrambi:
    • Rivoluzioni;
    • Economia Politica;
    • Politiche ambientali.

Alcuni di questi argomenti coincidono, in tutto o in parte, con quelli già enunciati, in altri casi, invece, la lista precisa altre conoscenze utili a imparare la politica. Ad esempio, tutti gli argomenti legati alla politica interna, cioè alla politica nelle nazioni, fanno parte del Diritto costituzionale comparato, ma Clark, Golder e Nadenichek Golder vanno più in profondità e identificano alcuni argomenti specifici da approfondire.

Sistemi elettorali. Se chi è interessato a studiare la politica vive in un sistema democratico, avrà bisogno di studiare i sistemi elettorali, cioè, i sistemi di voto e le regole che servono per determinare i risultati delle votazioni. Perché può essere utile studiare questa materia? Perchè se si partecipa alle elezioni da quelle come consigliere di circoscrizione a quelle per essere eletto come eurodeputato, bisogna sapere quali sono le regole per essere eletti. In realtà, anche senza avere alcuna ambizione di ricoprire una carica elettiva, conoscere i sistemi elettorali è utile per pianificare una campagna elettorale nel caso in cui si stia perseguendo una carriera nell’ambito della comunicazione politica o come capo dello staff di un candidato.

Forme di Stato e Forme di Governo. Come già menzionato nella sezione sul diritto costituzionale comparato, conoscere le varie forme di Stato e di Governo è utile anche per capire le regole del gioco e, dal punto di vista giuridico, per capire quali soluzioni istituzionali sono state adottate dagli Stati per risolvere problemi specifici.

Sistemi partitici. Chi ha un interesse diretto a fare politica  ha bisogno anche di capire come funziona il sistema dei partiti: come sono organizzati, se hanno un vertice contendibile, se sono partiti personalistici o familiari, come si fa a essere candidati per un partito, come partecipare alla vita del singolo partito, come vengono finanziate le attività del singolo partito. Per esempio, esistono sistemi partitici che sono organizzati in federazioni, sistemi di finanziamento dei partiti pubblici, privati o misti eccetera; in alcuni casi, per partecipare attivamente alla vita partitica è necessario che trascorra del tempo come meri “uditori”.

Per imparare la politica estera, cioè quali sono le relazioni tra gli Stati, si può approfondire la nascita e la storia del sistema internazionale degli Stati, gli interessi degli attori internazionali e la loro geografia, che a volte li determina e, infine, la storia e la biografia dei leader politici.

Conflitti bellici. Carl von Clausewitz diceva che la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi; studiando i conflitti bellici, quindi, si identificano gli interessi che li hanno scatenati, le strategie per ricomporli e anche i modi per evitare che si ripetano in futuro. In alcuni casi, ci sono i cosiddetti conflitti per procura, o proxy war, che vengono combattuti tra Stati o altri attori, che agiscono per conto di altri. Tra gli esempi di guerre per procura, ci sono la guerra di Corea del 1950, in cui si sono scontrate da un lato Corea del Nord e Cina e dall’altro Corea del Sud e Stati Uniti. Entrambe le parti combattevano sostenute rispettivamente dall’Unione Sovietica e da una serie di altri Stati che rientravano nel campo occidentale. Un altro esempio storico di guerra per procura è la crisi di Suez del 1956, in cui da un lato si scontravano l’Egitto e la guerriglia palestinese, sostenuti da una coalizione che ricomprendeva anche Unione Sovietica e Stati Uniti, e dall’altro Israele, Francia e Regno Unito.

Organizzazioni Internazionali. Dal novecento in avanti, le organizzazioni internazionali hanno assunto ruoli determinanti nella politica mondiale. Ad esempio, negli ultimi 70 anni le istituzioni europee hanno coordinato il lavoro e gli interessi degli Stati Membri, garantendo un prolungato periodo di pace a Stati che si sono combattuti per una buona parte della loro storia. Esistono anche organizzazioni internazionali di tipo economico, come ad esempio il Fondo Monetario Internazionale, o di tipo militare, come la NATO. Il primo si è fatto alfiere di un sistema economico globalizzato e interconnesso, la seconda, invece, è nata per rappresentare gli interessi militari del campo occidentale durante la Guerra Fredda. Studiare le organizzazioni internazionali serve a comprendere gli interessi a livello globale, perché le stesse organizzazioni a volte nascono esplicitamente per perseguire specifici fini, utile ad alcuni paesi, mentre a volte vengono create per uno specifico scopo, che poi si trasforma alla luce degli eventi.

Elementi comuni alla politica. Esistono aree di studio in comune tra la politica interna e la politica internazionale: quelle che si concentrano sulle cause, lo svolgimento e le conseguenze delle rivoluzioni e dei loro effetti di politica interna e internazionale; la politica economica, soprattutto da quando le economie internazionali sono diventate fortemente integrate tra loro; le politiche ambientali: gli Stati, come le singole persone usano le risorse scarse dell’ambiente naturale e immettono agenti inquinanti che danneggiano il territorio del singolo Stato, quello di quelli confinanti e contribuiscono anche ai cambiamenti climatici globali.

Frequentare un partito, un sindacato o un’associazione. Fin qui si è parlato di “imparare la politica” in modo formale, cioè dedicandosi esplicitamente ad acquisire nuove conoscenze o ad affinare quelle già possedute. Esistono anche modi informali di imparare la politica che consentono di acquisire e perfezionare alcune abilità spontaneamente, ma non per questo in modo meno efficace. Uno di questi modi è partecipare alle attività di un partito, di un sindacato o di un’associazione. Contribuire alla vita di una di queste organizzazioni consente di venire a conoscenza dei desideri, delle necessità e degli interessi della comunità di riferimento; di approfondire le tematiche chiave per la base elettorale/associativa; di imparare e di argomentare a favore delle posizioni politiche dell’organizzazione. 

“Fare politica” significa anche avere a che fare direttamente con le necessità dei cittadini e consente di sviluppare una rete di conoscenze a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Inoltre, un coinvolgimento diretto nelle attività di un’organizzazione consente anche di imparare abilità pratiche, come ad esempio richiedere un permesso alla questura per aprire un banchetto o per tenere una manifestazione. 

Nella storia dell’ultimo secolo, è capitato che alcuni uomini ed alcune donne siano riusciti a combinare in modo magistrale tanto le conoscenze teoriche che le competenze pratiche enunciate in questo post. In alcuni casi, all’acquisizione di queste abilità si è aggiunta la fortuna, che ha concesso a questi uomini e donne di ricoprire incarichi pubblici di rilievo e di mettere in pratica quanto imparato fin da subito e ai livelli più alti dello Stato, come dimostrato dall’aneddoto che segue.

La formazione di un politico italiano

L’Italia era in guerra. Il 10 giugno 1940, Benito Mussolini aveva deciso di affiancare la Germania nazista per contrastare il Regno Unito e la Francia. Da Nord a Sud, il governo aveva mobilitato uomini e risorse indispensabili per condurre le operazioni al fronte. Quell’anno, uno studente di vent’anni si era recato in biblioteca alla ricerca di fonti per scrivere la sua tesi di laurea in giurisprudenza. Da buono studente, aveva completato tutte le procedure, compilato il modulo per richiedere i libri che gli servivano e l’aveva consegnato al bibliotecario. Questi, probabilmente dopo aver inforcato gli occhiali, si era soffermato sulla lista delle fonti richieste dal giovane, aveva alzato lo sguardo, e, fissandolo, aveva commentato: “Non ha studi più seri e più utili cui dedicarsi?”. La frase aveva colpito lo studente; in effetti, l’Italia era in guerra, il futuro dell’Europa era incerto dopo l’espansione della Germania a danno dell’Austria, della Cecoslovacchia e della Polonia. Lo studente, nonostante la frecciata, aveva risposto, seccato: “Ho bisogno di questo libro”. 

Qualche giorno dopo, lo studente si era recato a casa di un avvocato antifascista: questi voleva presentargli la persona che stava organizzando un partito, un partito che avrebbe governato l’Italia per i successivi cinquant’anni: la Democrazia Cristiana. Chissà quale aspettativa si era formata nel giovane studente e chissà che faccia aveva fatto quando davanti gli si era parato il bibliotecario vaticano, che era Alcide De Gasperi. Questi notò che lo studente, un giovane Giulio Andreotti, non aveva grandi conoscenza politiche e quindi chiese a Mario Scelba di consigliargli dei testi per mettere le basi di una buona formazione politica.

Grazie allo studio e grazie alle sue capacità personali, di ascolto, mediazione, affidabilità e abilità nelle relazioni, Giulio Andreotti riuscì a ritagliarsi un ruolo di primo piano nella nascita della Repubblica Italiana e nella sua storia; infatti, diventerà sette volte Presidente del Consiglio e ricoprirà l’incarico di ministro per trentaquattro volte, nonchè una delle figure politiche più controverse della storia della Repubblica italiana.

La storia di Andreotti chiarisce che per diventare una figura politica di rilievo ci vogliono più ingredienti: un’istruzione formale, e l’aneddoto della biblioteca vaticana dimostra come fosse impegnato nella scrittura della sua tesi, anche se su un argomento magari dotto, ma politicamente irrilevante per l’epoca in cui scriveva (la sua tesi era sulla marina pontificia); delle abilità personali, già menzionate, e ovviamente anche una dose di fortuna. Infatti, Andreotti grazie alla partecipazione alla FUCI, Federazione Universitaria Cattolica Italiana, entrò in contatto con alcune delle figure più rilevanti della politica italiana che lo portarono a ricoprire, a soli ventotto anni, l’incarico di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio6.

  1. Intervista a Kissinger su La Stampa ↩︎
  2.  Il premier Draghi cita il “bla bla bla” di Greta Thunberg durante la sessione conclusiva dello Youth4Climate ↩︎
  3. Alessandro Barbero – Perché è importante studiare la storia  ↩︎
  4.  Max Weber – La politica come professione ↩︎
  5.  Tony Judt – Guasto è il Mondo. Judt racconta in questo libro come siano cambiate nel corso del tempo gli interessi degli studenti universitari. Negli anni ‘70, gli studenti erano interessati a “socialismo, rivoluzione e classi sociali”. Alla fine degli anni ‘80 le business school erano praticamente sconosciute fuori dagli Stati Uniti, mentre, secondo l’autore, oggi rappresentano la norma. Pur non condividendo la tesi secondo cui “i giovani non sono più quelli di una volta”, mi sembrava corretto circostanziare la tesi che le business school negli anni ’90 fossero uno dei posti in cui si potesse imparare a gestire le risorse necessarie a un’impresa, economica o politica che fosse ↩︎
  6.  Le fonti per raccontare questo aneddoto le ho recuperate da ilsussidiario.net e formiche.net ↩︎

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di Intelligenza Politica